Premessa: non credo sia possibile vivere totalmente zero waste, per quanto questo termine sia ora molto di moda. E i pochi che ci riescono adottano uno stile di vita tanto estremo quanto lontano dalle nostre abitudini. Credo che sia importantissimo fare tutto quello che possiamo per vivere più green, ma senza sensi di colpa e senza porsi necessariamente l’obiettivo di produrre al massimo una jar di rifiuti all’anno. Ecco perché non credo che sia corretto, nel nostro caso, parlare di zero waste ma al massimo di low waste.
Io e il programmatore non siamo mai stati dei grandi produttori di rifiuti. Io bevo acqua del rubinetto da quando sono nata, ma ammetto che non mi sono mai fatta problemi a comprare la bottiglietta di plastica quando ero fuori casa, mi sembrava un gesto naturale. Inoltre non compro assorbenti e utilizzo la coppetta da almeno 8 anni. Lui ha da sempre un guardaroba così minimal e organizzato da far invidia a Marie Kondo e acquista pochissimi capi nuovi. Ha in pratica un guardaroba capsula senza aver mai letto nulla in merito né aver creato l’indispensabile board su Pinterest.
Ma vivevamo senza consapevolezza della nostra impronta ecologica. Anzi, eravamo convinti di fare già tutto quanto in nostro potere dal momento che facevamo una bella raccolta differenziata. Buttavamo via un sacco di plastica, ma la buttavamo nel bidone della differenziata e ci dicevamo con stupore “pensa che esistono ancora Comuni che non fanno la raccolta differenziata“.
Poi è successo che la filosofia Zero Waste è arrivata anche alle nostre orecchie. Dapprima erano sussurri, amiche che l’avevano adottata e che ne raccontavano oppure qualche post letto qua e là. Ma niente che ci avesse fatto scattare l’interruttore del cambiamento.
Poi ho iniziato a seguire Carotilla, su YouTube e su Instagram, e una sera abbiamo deciso di guardare A Plastic Ocean, uno sconvolgente documentario sulla situazione degli oceani e di conseguenza del pianeta intero. Quella sera qualcosa è scattato in noi.
Abbiamo iniziato ad informarci, a leggere, a cercare alternative e soluzioni. A volte io tendo a cadere nel disfattismo: entro in un supermercato, mi guardo intorno e dico “non serve a niente quello che facciamo, guarda, è tutta plastica e la gente compra come se niente fosse“. Ma noi eravamo “quella gente” fino a pochissimi mesi fa.
Sì serve, servono anche le piccolissime cose che noi facciamo e i piccoli passi in avanti che compiamo.
Ecco perché anche io voglio condividere quali sono le soluzioni che abbiamo adottato fino ad oggi, sperando che la lista si allunghi parecchio nei prossimi mesi:
- Non acquistiamo più bottiglie di plastica. Beviamo l’acqua del rubinetto e ci portiamo sempre dietro la nostra borraccia di alluminio. Per i minimici preferiamo prendere l’acqua all’apposita casetta. Forse è solo una mia paranoia, ma sono molto delicati a livello renale.
- Prediligiamo locali che usino stoviglie riutilizzabili e che servano l’acqua nella bottiglia o caraffa di vetro.
- Più in generale evitiamo al massimo l’acquisto di imballi in plastica e preferiamo il vetro o l’alluminio.
- Non compriamo più frutta e verdura confezionate e ci riforniamo quasi esclusivamente al mercato e dagli agricoltori. Sembra semplice… ma se entri un supermercato scopri che praticamente tutta la frutta e verdura bio è insacchettata nella plastica. Assurdo. E vogliamo parlare della comodità delle insalate già lavate quando si va di fretta?
- Anche le uova abbiamo smesso di comprarle al supermercato e le acquistiamo da un’azienda agricola che ha il banco al mercato e che le vende sfuse. Porto io la mia scatolina di cartone.
- Abbiamo smesso di comprare fazzoletti e tovaglioli di carta (ma finiremo le scorte che abbiamo ovviamente). Fino ad un mese fa ci sembrava un cambiamento difficile da attuare, mentre ora utilizzare fazzoletti e tovaglioli di stoffa ci sembra la cosa più comoda e naturale del mondo. Utilizzo però ancora la carta da cucina. Vorrei acquistare i panni asciugatutto di bambù ma non sono certa di riuscire ad eliminare del tutto la carta usa e getta, lo ammetto.
- Basta con i dischetti di cotone. Da mesi mi struccavo con un pannetto in microfibra che mi hanno regalato. (Sì, so che la microfibra non è green e che produce microplastiche ecc… ma dal momento che ce l’ho non intendo buttarla quindi la utilizzerò finché non avrà concluso la sua vita). Il tonico però continuavo a passarmelo con il dischetto di cotone. Per il mio compleanno la famiglia del programmatore mi ha regalato un meraviglioso set di dischetti lavabili in cotone organico che avevo adocchiato da un po’ e ora sono felice di dire che non getto più nel cestino neanche un dischetto di cotone. Ammetto di non avere ancora chiaro cosa farò quando vorrò togliermi lo smalto… Ma applico lo smalto così raramente che forse le due confezioni di dischetti di cotone che giacciono nella baule delle scorte basteranno per anni.
- Siamo passati alle saponette solide senza imballo o al massimo avvolte nella carta, gran bella abitudine delle nostre nonne che per qualche motivo è andata persa. Le utilizzo con grande soddisfazione per le mani e appena avrò terminato le scorte di bagnoschiuma la utilizzerò anche per il corpo. Stiamo usando un dentifricio solido di Pachamamai e non ci dispiace. Ora lo stiamo ancora alternando al dentifricio classico di cui abbiamo un po’ di scorte e dal momento che io ho denti molto sensibili non so se riuscirò mai ad abbandonare completamente il mio plasticoso Biorepair.
Non ho ancora sperimentato invece soluzioni plastic-free per igiene intima e la cura dei capelli, ma spero di arrivare anche a questo. - Acquistare nei negozi che vendono sfuso per noi è una vera sfida perché il più vicino è a circa 35 km. Pinerolo purtroppo non offre praticamente nulla da questo punto di vista e i punti vendita NaturaSì e BioBottega non aiutano di certo visto che vendono tutto tutto tutto imballato nella plastica e non hanno niente di sfuso. Nonostante questo quando possiamo andiamo a Grugliasco da Bottega Granel e facciamo scorte di pasta, riso, tè (abbiamo finalmente superato la nostra dipendenza dal Twinings), tisane, spezie e detersivi sfusi.
- Non abbiamo mai avuto l’abitudine di comprare il pane fresco tutti i giorni (e chi esce tutti i giorni a comprarlo?) ma abbiamo sempre comprato il pane cassetta al supermercato, tanto comodo quanto poco ecologico. Ho iniziato a fare più spesso il pane in casa (comprando solo farine in confezioni di carta o sfuse). Quando non c’è il tempo per fare il pane, muovere le chiappe e andare dal panettiere. Che è anche una buona scusa per fare una pausa dal lavoro.
- Infine, l’abitudine più importante di tutte: portare sempre con sé una borsa di stoffa riutilizzabile (e molte di più nel baule dell’auto) e rifiutare i sacchetti di plastica, anche quelli compostabili. Purtroppo non ho ancora trovato una soluzione per quelle volte che acquistiamo all’ortofrutta del supermercato, dove ti obbligano a comprare gli odiosi sacchetti che definiscono bio.
Rileggendo mi rendo conto che abbiamo già fatto molto in poche settimane. Ma molto resta ancora da fare.
Mentre il programmatore ha un approccio molto equilibrato, io tendo ad essere più estremista e mi è capitato di desiderare di andare via da un locale perché non mi hanno voluto dare il bicchiere di vetro.
Ma sono convinta che davvero sia importante mantenere un buon equilibrio per far in modo che una vita più sostenibile per l’ambiente non diventi un impegno insostenibile per noi.

Una bella sfida, davvero. Noi compriamo oramai quasi esclusivamente nel negozio biologico, e la maggior parte delle confezioni è di plastica. Inconcepibile. Fortunatamente possiamo usare i sacchetti di stoffa per frutta e verdura (prima ci portavamo da casa i sacchetti biodegradabili e li usavamo più volte), che è una magra consolazione del fatto che l’unica cosa sfusa che possiamo comprare sono la frutta e la verdura, appunto. Negozi che vendono sfuso non pervenuti…
Quanto al resto: fazzoletti e tovaglioli di stoffa, assorbenti lavabili, sapone solido, detersivi fatti inca sa (molti ingredienti sono in contenitori di plastica ahimè), e l’immancabile borraccia sempre nella borsa. Sto eliminando anche ciotole e altri attrezzi dalla cucina, man mano che trovo come sostituirli. Mi piace leggere esperienze altrui, per fare un altro passo nella direzione giusta. Grazie 🙂
Ciao Elle, è davvero assurdo questo volume di plastica nei negozi. Purtroppo bio non fa affatto rima con zero waste. E tu sai meglio di me che spesso i prodotti certificati bio non sono realmente migliori di quelli comprati dai contadini senza nessuna certificazione. Insomma, un argomento complesso che mi fa esplodere la testa. 🙂
Per i detersivi invece quelli fatti in casa non mi hanno mai soddisfatta. Puliscono poco, bisogna usarne molto e spesso sono un po’ fangosi e quindi dannosi per tubature ed elettrodomestici. Per quelli al momento mi rifornisco alla spina oppure la polvere viveverde della Coop (eh si, confezione di plastica purtroppo). Anche dalle mie parti non si vede l’ombra di un negozio sfuso quindi tocca ingegnarsi. Un abbraccio!
Sì, coi detersivi fatti in casa bisogna fare un po’ di esperimenti. Sicuramente quello più semplice e che funziona davvero sin dal primo colpo è l’acido citrico usato come anticalcare, ammorbidente e balsamo per capelli. Non intasa le tubature, anzi le pulisce e può essere usato anche per i lavaggi a vuoto di lavatrice e lavastoviglie per pulirle. Io ho l’acqua molto calcarea a casa e l’acido citrico risolve tutto.
Per il resto circolano molte ricette improvvisate, se fosse stato solo per il detersivo da bucato, per dirti, avrei rinunciato per sempre, perché con le prime ricette che avevo provato mi veniva tutto grigio.