Non so perché non sia successo prima. Ormai me lo domando davvero spesso.
Ho vissuto tutta la mia vita pensando “è sempre stato così, è normale che sia così”. Addirittura “è naturale che sia così”. Ma insomma, cosa c’è di naturale nel mangiare carne? Cosa può esserci di naturale nel provocare sofferenze e morte solo per quei 10, 20 minuti di piacere che dona un pasto?
La verità è che ho sempre evitato di pensarci. Sono cresciuta in una cultura onnivora, in una famiglia onnivora, abituata a mangiare carne, pesce e derivati. Ed era semplicemente normale.
Non è che non mi fossi mai posta il problema etico. Sono qui per confessarlo, me lo sono posta e ho deliberatamente scelto di passarci sopra, di non pensarci. Ogni volta che pensavo all’animale vivo provavo tenerezza e sensi di colpa. Se immaginavo le mucche, i vitellini, gli agnelli o le galline, i maialini o i capretti provavo emozioni contrastanti. Quindi le mettevo da parte. Attraverso l’oggettivazione separavo nettamente il pezzo di carne che avevo nel piatto dall’animale in sé. Funzionava.
Poi qualcosa è cambiato. Molto tardi, ma meglio di niente.
È iniziato quest’anno, nel 2022. Senza un motivo preciso. Vorrei avere un episodio esemplare da raccontare, una sorta di epifania. Invece è avvenuto gradualmente e naturalmente. Io e il Programmatore abbiamo iniziato a desiderare sempre meno gli alimenti di derivazione animale. Non ho dovuto convincerlo. Non ha dovuto convincermi. Semplicemente abbiamo iniziato a mangiare sempre più vegetale. A eliminare poco alla volta i cibi animali dal nostro piatto. A sentirci meglio, moralmente e fisicamente.
Nei giorni precedenti a Pasqua vedere gli agnellini nel banco macelleria mi ha turbata molto più del solito. Per la prima volta ho visto quello che non avevo mai voluto vedere: dei cadaveri in un frigorifero. E ho provato ribrezzo.
Certo anche la questione ambientale, oggi sempre più grave e urgente, ha avuto il suo peso. Ha catalizzato un processo che era già avviato, accelerandolo.
Quindi siamo diventati vegani?
No, non ancora per lo meno. E non so se lo diventeremo mai.
Non è l’etichetta che ci interessa. Anzi, temo che l’etichetta potrebbe farmi sentire in gabbia. Sono una perfezionista e sono molto severa con me stessa. Quando mi do una regola tendo a seguirla in modo rigido. E non voglio farlo con il cibo, non ora per lo meno. Voglio darmi il tempo di fare un percorso naturale, di sperimentare e anche di sbagliare. Perché credo che sia il solo modo per me sostenibile per vivere questa nuova fase della mia vita. La rigidità, il desiderare fortemente un cibo e vietarmelo potrebbero essere causa di frustrazione. E accumulare frustrazione potrebbe portarmi ad abbandonare uno stile alimentare troppo rigido.
Potrebbe sembrare incoerente, se non paraculo. L’ho pensato anch’io. Poi mi sono detta che se tutti mangiassimo vegetale anche solo 300 giorni all’anno sarebbe già un obiettivo fantastico. Quanto si ridurrebbe l’impatto ambientale e la sofferenza degli animali?
Flexitariani, è questo il termine che meglio ci descrive: prediligiamo un’alimentazione vegetale ma non escludiamo rigidamente i derivati animali.
Al momento, nella nostra quotidianità, l’unico cibo non vegetale che consumiamo è la mozzarella sulla pizza il sabato sera. Forse troveremo un degno sostituto anche a quella un giorno. Ma quando una parte della tua famiglia vive a Salerno, beh è difficile immaginare la propria vita senza la mozzarella. 🙂
Siamo davvero all’inizio del nostro percorso. Abbiamo cercato attivamente locali vegani a partire dalla nostra vacanza a Firenze (la patria della costata…), a maggio 2022. Abbiamo mangiato carne e abbiamo mangiato vegano. Io, in particolare, ho scoperto che quando mangiavo vegano, anche abbondante. o fritto, non avevo mai problemi di digestione, con cui invece devo spesso fare i conti quando mangio fuori casa piatti onnivori.
A casa è stato semplice, abbiamo smesso di comprare carne, pesce e derivati e abbiamo iniziato a sperimentare con grande piacere nuove ricette vegetali. Ho anche comprato il video corso di Cucina Botanica e lo sto amando alla follia.
Ma non siamo ancora pratici di “come funziona” quando si è fuori casa. Se ci invitano a cena degli amici non me la sento, per il momento, di imporre le mie esigenze alimentari. Quando andremo in famiglia a Salerno non imporremo le nostre scelte, sarebbe complesso e fonte di tensioni.
Quando andremo in Scozia, tra poco più di un mese, non sappiamo quante opportunità avremo di mangiare veg. Faremo il possibile. Sarà più semplice ad Edimburgo. Sarà più difficile nelle zone remote che visiteremo durante il nostro on the road.
Insomma, non ho nulla da insegnare. Ma sono in viaggio e so che non tornerò indietro. Da qui in avanti sarà tutta una scoperta.



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